Carissimi,
è risaputo come il saper cambiare idea, o correggerla, quando è necessario, sia segno di saggezza. A questo proposito San Francesco di Sales cita l’esempio di Sant’Agostino che, verso l’ultima fase della sua vita, tra il 426 e il 428, in un’opera meno conosciuta delle famose “Confessioni” e che egli stesso intitola “Ritrattazioni”, scrive: “È già da molto tempo che vado meditando e predisponendo un progetto alla cui realizzazione, con l’aiuto del Signore, sto ponendo mano, quello, a mio avviso indilazionabile, di riconsiderare con lo spirito di un giudice severo i miei modesti scritti si tratti di libri, di lettere o di sermoni e di segnalare in essi con lo stilo, a mo’ di un censore, ciò che suscita la mia riprovazione.” Francesco, riportando il testo delle “Confessioni” nel quale il vescovo di Ippona parla della morte di un suo carissimo amico, dice che: “l’anima sua e quella del suo amico formavano un’anima sola, e che odiava la vita dopo la morte dell’amico, perché non se la sentiva di vivere a metà e, nello stesso tempo, temeva di morire, perché in tal modo anche l’amico avrebbe cessato di vivere totalmente.” Riprendendo poi il testo delle “Ritrattazioni” dove leggiamo: “Temevo forse di morire, pensando che così sarebbe del tutto morto colui che avevo molto amato. Questa però mi sembra più una declamazione inconsistente che una confessione profonda, anche se in qualche modo questa banalità è attenuata dall’aggiunta di un forse”, il de Sales commenta: “In seguito queste parole gli parvero troppo artificiose e studiate e così le sconfessa e le chiama inezie.”. Ma Agostino, quasi a giustificarsi, aveva usato l’avverbio “forse”…! Continua il Nostro: “Cara Filotea, pensa quanto quella bella e sant’anima fosse sensibile all’affettazione delle parole! Senza dubbio il parlare in modo schietto, senza fronzoli e con sincerità, è un prezioso ornamento della vita cristiana.”. Dopo una tale affermazione non possiamo non pensare al modo di fare, di parlare e di rapportarsi con gli altri di Papa Francesco che, ignorando le critiche che continuamente gli vengono mosse dai “benpensanti”, tira dritto per la sua strada…e fa molto bene! Non potevano mancare qui due citazioni tratte dal Libro dei Salmi: la prima è costituita dal primo versetto del Salmo 39 nel quale leggiamo “Ho detto: Veglierò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua; porrò un freno alla mia bocca mentre l’empio mi sta dinanzi”; l’altra (141,3) dice “Poni, Signore, una custodia alla mia bocca, sorveglia la porta delle mie labbra.” Francesco, sapientemente, fonde e sintetizza: “Ho detto, farò attenzione alle mie vie per non peccare in parole; Signore, metti le sentinelle alla mia bocca e una porta a chiusura delle mie labbra”. Quali potranno essere queste “sentinelle”? La prudenza, la discrezione, il rispetto, il tatto, senza, però, togliere nulla alla verità. Teniamo sempre ben presente quanto è detto nel libro del Qoelet (3,7b): “c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare”.
Preghiamo
Signore insegnaci l’umiltà di saper correggere i nostri errori e i nostri comportamenti; non permettere che l’orgoglio ci impedisca di essere sinceri con noi stessi e facci capire l’importanza di imparare a chiedere scusa. Amen
Ed oggi sapremo individuare quale sia il tempo per parlare e quello per tacere? Buona giornata,
PG&PGR