28 Luglio 2021: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi,

la terza sezione del XXIII capitolo inizia con una affermazione decisa della quale Francesco di Sales dà anche la spiegazione: “Il digiuno e il lavoro domano e prostrano la carne. Se il lavoro che fai ti è necessario, o è molto utile alla gloria di Dio, sono del parere che sia meglio per te affrontare la fatica del lavoro che quella del digiuno; questo è il pensiero della Chiesa che dispensa anche dai digiuni comandati quelli che si consacrano a lavori utili al servizio di Dio e del prossimo.” Lo stesso Gesù, nell’inviare in missione i primi discepoli e ben conoscendo le difficoltà alle quali sarebbero andati incontro, non raccomanda il digiuno dicendo che “l’operaio ha diritto al suo nutrimento” (Cfr. Mt 10,9-10). Con questo non si vuole certamente sminuire il valore del digiuno che, però, non deve diventare un impedimento per compiere le altre opere di misericordia. Infatti dice il Nostro: “C’è chi fa fatica a digiunare, chi invece a servire gli ammalati, un altro a visitare i prigionieri, a confessare, a predicare, consolare gli afflitti, Pregare ed altri esercizi simili: queste ultime fatiche valgono di più di quella del digiuno, perché, oltre a darci ugualmente il dominio sulla carne, in più ci offrono frutti molto più apprezzabili.” Aggiunge dunque che “come principio generale è meglio conservare forze corporali più di quanto serve, che perderne più di quanto è necessario; si può sempre fiaccarle, volendolo; ma non sempre basta volerlo, per recuperarle. La salute del corpo è un grande dono di Dio e non sarebbe certamente una cosa giusta e saggia imporsi delle penitenze che possano metterla a rischio impedendoci di essere utili agli altri. Sopra abbiamo citato il passo un Matteo; Francesco cita quello parallelo di Luca (10,8) molto più eloquente dandone una sapiente interpretazione. Anche se un po’ lungo vogliamo riportarlo per intero per non “disturbarlo” con le nostre “intromissioni”: “Mi sembra che dobbiamo avere una grande considerazione per la frase che Nostro Signore, Salvatore e Redentore disse ai suoi discepoli: Mangiate ciò che vi sarà presentato Io sono del parere che sia maggiore virtù mangiare senza scelta ciò che ti viene presentato, e nell’ordine in cui ti viene presentato, senza far caso se sia di tuo gusto o meno, che scegliere sempre quanto c’è di peggiore. Perché se anche questo ultimo modo di agire sembra più austero, l’altro denota maggiore mortificazione, perché non ti porta soltanto alla rinuncia al tuo gusto, ma anche alla scelta personale; e mi sembra che non sia una mortificazione da poco piegare il proprio gusto alle circostanze del caso e tenerlo sottomesso alle situazioni fortuite; in Più questo genere di mortificazione passa inosservato, non dà noia ad alcuno ed è di un valore ineguagliabile quanto a buona educazione! Mettere da parte un cibo per prenderne un altro, piluccare e assaggiare tutto senza mai trovare nulla di ben preparato e a puntino, giocare a fare il misterioso ad ogni boccone. Tutto ciò manifesta un cuore da mollusco, sensibile solo ai piatti e alle scodelle. Ammiro di più S. Bernardo che beve olio per acqua o vino per colpa di altri, che se avesse bevuto assenzio per propria scelta; quello che fece disse chiaramente che non faceva caso a quello che beveva! E in questa indifferenza a ciò che si mangia e a ciò che si beve si trova la perfezione di questa parola: Mangiate ciò che vi sarà presentato. Faccio eccezione per i cibi che nuocciono alla salute o che disturbano lo spirito, come sono, per molti, i cibi caldi e le spezie che riscaldano e che gonfiano; o anche certe circostanze nelle quali la natura deve essere sostenuta, per avere la forza di affrontare qualche impegno per la gloria di Dio. Una sobrietà costante e moderata è molto meglio che le privazioni violente fatte di tanto in tanto, intervallate da periodi di grande rilassatezza.” Ci viene in mente ciò che raccontavano i confratelli più anziani a proposito di un nostro Superiore Generale di molti anni fa, grande fumatore (peggio di PG!) di sigari che, durante la Quaresima, si imponeva di astenersene. Cosa senz’altro apprezzabile se non fosse per il fatto che, terminata la Veglia Pasquale del Sabato Santo, rimetteva in pari il conto fumandone tre o quattro di seguito…! Leggenda o realtà? Non abbiamo mai avuto la possibilità di appurarlo.

Preghiamo

Signore donaci sempre la forza fisica e soprattutto quella spirituale per mantenerci nel Tuo servizio attraverso la carità nei confronti dei nostri fratelli e sorelle più poveri e bisognosi. Amen.

Proviamo oggi a “digiunare” da qualche comportamento poco caritatevole… Buona giornata,

PG&PGR