Carissimi,
oggi iniziamo un nuovo capitolo, il XV, intitolato “Come deve essere praticata la povertà reale rimanendo ricchi di fatto” e, come al solito, per non fare “indigestione” lo divideremo in più parti. Cominciamo col ribadire che questo è possibile e comprovato dai tanti santi che, pur mantenendo il proprio rango, hanno praticato la povertà evangelica. Non lasciamoci tentare dal pensiero di non essere “ricchi” e quindi poco interessati a quanto ci dirà San Francesco di Sales; i suoi consigli sono validi anche per chi, come la maggioranza di noi, non “navigano nell’oro”. Esordisce con una citazione di uno dei suoi autori “laici” preferiti, Plinio il vecchio il quale attesta che un certo Parrasio (pittore greco del IV sec. A.C. –n.d.r.-): “dipingendo il popolo di Atene, ebbe un’idea geniale: lo rappresentò con espressioni sempre diverse: di collera, di rabbia, di incostanza, di cortesia, di clemenza, di misericordia, di alterigia, di superbia, di umiltà, di vanità, di timidezza, e tutto ciò contemporaneamente”. Intuizione artistica illuminata per descrivere l’animo umano! Perciò, partendo da questo esempio, il Nostro suggerisce a Filotea, dunque a noi: “Io, cara Filotea, vorrei mettere allo stesso modo contemporaneamente nel tuo cuore la ricchezza e la povertà, una grande cura e un grande disprezzo dei beni temporali.” Ma, proteste chiedere, come si fa ad essere contemporaneamente ricchi e poveri (non era un quartetto vocale nato alla fine degli anni 60? Sì, ma quella è un’altra storia!J), aver cura e, al tempo stesso, disprezzo dei beni temporali? Forse l’espressione “disprezzo” è troppo forte! Allora proviamo a tradurre, un po’ più liberamente (P. Ruggero, scusaci!): avere grande cura e, al tempo stesso, essere distaccati dai beni temporali”. Questo è possibile soltanto se ci convinciamo che “tutto quello che possediamo non è nostro: Dio ce l’ha affidato e vuole che lo rendiamo fruttuoso e utile”. Il discorso può tranquillamente allargarsi al dono della nostra stessa vita, della Fede che Dio ci ha dato gratuitamente e che noi siamo chiamati ad “amministrare” con saggezza e carità pensando che “se ne abbiamo cura per bene il nostro servizio gli sarà accetto”. Aggiunge che dobbiamo averne “una cura maggiore e più continua di quella che la gente del mondo ha per i propri beni.” E la necessità di una maggior cura è data dal fatto fondamentale che “essi si impegnano soltanto per amore di se stessi, noi invece lavoriamo per amore di Dio.” E’ dunque importante sentirci sollecitati dall’Amore di Dio piuttosto che da quello di noi stessi che potrebbe trarci in inganno. Come evitarlo? Ecco la risposta: “Se metti a confronto questi due amori arrivi alla conclusione che, poiché l’amore di sé è un amore violento, turbolento e ossessivo, anche la cura dei beni fondata su di esso sarà agitata, rabbiosa e piena di paure; per contro poiché l’amore di Dio è dolce, sereno e tranquillo, la cura dei beni fondata su di esso sarà serena, dolce e tranquilla. Cerchiamo di essere calmi nella cura dei nostri beni temporali, sia per conservarli, sia anche, all’occasione, per accrescerli, se la nostra condizione lo richiede. Questa è la volontà di Dio e noi dobbiamo realizzarla per amore.” Anche in questo, però, bisogna fare molta attenzione e lunedì Francesco ci dirà a che cosa, in particolare e ce ne spiegherà il perché.
Preghiamo
Signore aiutaci ad aver cura di tutti i tuoi doni, della nostra vita e quella degli altri, della terra nella quale viviamo, della Fede, dell’Amore, e di tutto ciò che è buono ai Tuoi occhi e fa’ che ci impegniamo ad accrescerli. Amen
Ed oggi? Una maggior cura di tutto ciò che il Signore ha voluto mettere nelle nostre mani: Buona giornata e buona domenica.
PG&PGR