Carissimi,
dopo aver ascoltato e, speriamo, fatto tesoro di ciò che San Francesco di Sales ci ha detto nei capitoli precedenti, sull’obbedienza e sulla castità, iniziamo oggi il XIV capitolo, sempre della Terza parte, che intitola “La povertà di spirito osservata nelle ricchezze”; a questo argomento dedicherà anche i due capitoli successivi che, come facciamo abitualmente, “spalmeremo” in più incontri. Ma andiamo al sodo. Il Nostro inizia, e non poteva essere diversamente, con la citazione della prima “beatitudine”: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli (Mt, 5,3)», alla quale accosta l’ammonizione del testo di Luca (6,24): «Ma guai a voi ricchi, perché avete già la vostra consolazione». Testualmente dice: “Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli; infelici dunque i ricchi di spirito, perché li aspetta la miseria dell’inferno.” Ci si potrebbe chiedere: la ricchezza è dunque sinonimo di “dannazione eterna”? Certamente non è così: tanti santi, e lo stesso Francesco, sono nati in famiglie “ricche” o, quanto meno, agiate! La spiegazione non si fa attendere: “Il ricco di spirito è quello che ha le ricchezze nel cuore e il cuore nelle ricchezze; il povero di spirito è colui che non ha né le ricchezze nel cuore, né il cuore nelle ricchezze.” Su questo Gesù stesso ci mette in guardia dicendo: « …Accumulatevi tesori in cielo…perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore (Cfr Mt 6,20-21)». Per meglio spiegare il concetto precedente, il de Sales fa ricorso ad una similitudine naturalista tratta sempre da Plinio il Vecchio: “Gli alcioni (uccello marino, forse il “martin pescatore – ndr-) fanno i nidi in forma di palma e vi lasciano soltanto una piccola apertura in alto. Li piazzano sulla riva del mare e li costruiscono così solidi e impermeabili che se anche le onde dovessero travolgerli, le acque non penetrano; anzi rimangono sempre a galla in mezzo al mare, sul mare e padroni del mare.” E continua dicendo: “Così deve essere il tuo cuore, cara Filotea, aperto soltanto al cielo e impenetrabile alle ricchezze e ai beni caduchi”. Se ci pensiamo bene tale invito può ricollegarsi facilmente al discorso sulla castità! Tenendo, poi, ben presente che i suoi lettori sarebbero state persone di un discreto livello culturale ed economico, e per questo più inclini a cedere alle lusinghe della ricchezza, raccomanda:“Se possiedi delle ricchezze, non impegnare il cuore in esse; fa in modo di dominarle sempre e, pur essendo in mezzo ad esse, comportati come se ne fossi senza. Non affogare quel dono del cielo, che è il cuore, nei beni della terra; conservalo sempre superiori ad essi, sopra di essi, senza smarrirlo in essi.” Portando l’esempio del farmacista che, pur avendo nel proprio laboratorio dei veleni, non per questo risulta essere avvelenato, aggiunge saggiamente: “Allo stesso modo puoi possedere ricchezze senza esserne avvelenata: questo se lo hai in casa o nel portafoglio, ma non nel cuore. Essere ricco di fatto e povero nel cuore è una gran fortuna per il cristiano; in tal modo ha gli agi della ricchezza in questo mondo e il merito della povertà per l‘altro! Dunque servirsi dei beni terreni non è certamente un male se lo si fa con discernimento e considerandoli sempre un dono di Dio.
Preghiamo
Signore, l’Apostolo Paolo dice di aver imparato ad essere povero e ad essere ricco, a vivere nell’abbondanza e nell’indigenza. Sul suo esempio, insegnaci ad usare i beni che provengono dalla Tua bontà, senza legare ad essi il nostro cuore. Amen
Ed oggi, proviamo a considerare e rispettare un po’ di più i beni che il Signore mette a nostra disposizione servendocene con rendimento di grazie. Buona giornata,
PG&PGR