Carissimi,
in questa seconda parte del XII capitolo iniziato ieri, Francesco di Sales pone l’accento sulla necessità delle castità delle persone sposate indicando tre “passi” da compiere in questa virtù. Per delicatezza, a questa prima citazione che riportiamo integralmente, non faremo alcun commento: “Come primo grado in questa virtù, Filotea, guarda di non accogliere in te alcun genere di piacere inammissibile e proibito, quali sono tutti quelli che si prendono fuori del matrimonio, o anche nel matrimonio, se si prendono contro le regole del matrimonio. Come secondo grado, taglia, per quanto ti sarà possibile, anche i piaceri inutili e superflui, benché permessi e leciti. Per il terzo, non legare il tuo affetto ai piaceri e alle soddisfazioni che sono comandate e prescritte; è vero che bisogna prendere i piaceri necessari, ossia quelli che sono legati al fine e alla natura stessa del santo matrimonio, ma non per questo devi impegnare in essi il cuore e lo spirito.” Ieri abbiamo citato l’esempio della castità sponsale di tanti genitori, più o meno conosciuti, che la Chiesa indica come modelli. Ma il Nostro ci tiene a sottolineare che “tutti hanno molto bisogno di questa virtù”, anche quelle che vivono lo stato della vedovanza e pensando, probabilmente, a quanto dice San Paolo nella Prima lettera a Timòteo (5,5-7) “Quella poi veramente vedova e che sia rimasta sola, ha riposto la speranza in Dio e si consacra all’orazione e alla preghiera giorno e notte; al contrario quella che si dá ai piaceri, anche se vive, è già morta. Proprio questo raccomanda, perché siano irreprensibili”, aggiunge: “Coloro che vivono nella vedovanza devono avere una castità coraggiosa, che non soltanto disprezza le occasioni presenti e le future, ma resiste alle fantasie che i piaceri leciti provati nel matrimonio possono suscitare nel loro spirito, che per questo sono più sensibili alle suggestioni poco oneste.” La Storia della Chiesa pullula di figure vedovili, soprattutto femminili, che hanno influenzato, in diversi modi e in modo esemplare, le persone a loro vicine. Non possiamo qui non citare Santa Giovanna Francesca de Chantal e, andando a ritroso, Santa Rita da Cascia, fino ad arrivare al IV secolo con Santa Monica, madre di Sant’Agostino che, con le sue preghiere e le sue lacrime, ha ottenuto la conversione del suo “scaprestato” figlio il quale, scrive ancora il Salesio “ammira la purezza del suo caro Alipio, che aveva completamente dimenticato e non teneva in alcun conto i piaceri carnali, che aveva conosciuto, almeno in parte, nella sua giovinezza.”. Il paragone che porta è più eloquente di tante nostre parole: “Prendi a paragone i frutti: un frutto sano e intero può essere conservato o nella paglia o nella sabbia o nelle proprie foglie; ma una volta intaccato, è impossibile conservarlo se non facendone marmellata con l’aggiunta di miele o di zucchero; così avviene per la castità non ancora ferita e contaminata: sono tanti i modi per conservarla, ma una volta intaccata, può conservarla soltanto una devozione eccellente che, come ho detto spesso, è l’autentico miele e lo zucchero delle anime.”
Preghiamo
Signore vogliamo ringraziarti per il dono dei nostri genitori, per quelli ancora in vita e per coloro che hanno già varcato le soglie dell’eternità. Il loro esempio di vita coniugale o dello stato di vedovanza, ci sia di esempio per vivere più profondamente il nostro essere cristiani in qualunque stato di vita. Amen
Ed oggi ricordiamoci di dire grazie ai nostri genitori, direttamente o con la preghiera. Buona giornata,
PG&PGR