Carissimi tutti,
un giorno un uomo di avvicinò a Gesù per chiedergli cosa dovesse fare per avere la vita eterna. Gesù rispose che doveva osservare i comandamenti. Il tale, forse un giovane, disse che si era sempre impegnato in questo; cosa dunque poteva fare di più? E Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma il giovane, che aveva molte ricchezze, se ne andò triste. E Gesù disse ai suoi discepoli: «Difficilmente un ricco entrerà nel Regno dei Cieli»(Mt19,16-23). Certamente la ricchezza ha il potere di distogliere gli occhi e il cuore da ciò che ci circonda, soprattutto dalle sofferenze degli altri…Ma attenzione: Gesù ha detto che “è difficile” non che questo sia impossibile. Molti santi, nella storia della Chiesa, hanno goduto di posizioni agiate, di prestigio, alcuni provenivano da nobili famiglie (lo stesso Francesco di Sales), altri da famiglie reali. Ma hanno saputo usare le loro ricchezze materiali per alleviare le sofferenze altrui. Rivolgendosi a Filotea, nell’IVD, Francesco dice: “Tutto quello che possediamo non è nostro: Dio ce lo ha affidato e vuole che lo rendiamo fruttuoso e utile; se ne abbiamo cura per bene il nostro servizio gli sarà accetto…Ama i poveri e la povertà…Se è vero che ami i poveri, frequentali spesso, sii contenta quando vengono a casa tua e tu va a trovarli a casa loro”. Perché questo argomento proprio oggi? Ve lo spieghiamo subito.
Oggi ricorre la memoria di un Beato torinese, nato il 6 aprile 1901 (era sabato santo!) in una famiglia dell’alta borghesia; la madre era una pittrice, il padre, il più giovane senatore del Regno d’Italia, era il fondatore del giornale torinese “La Stampa” e ambasciatore a Berlino. Gli amici di “oltre Po”, ma forse anche gli altri, avranno capito che stiamo parlando di Piergiorgio Frassati. Un giovane educato nell’onesta, ma secondo una religiosità “naturale”, distante dalla vera fede. Ma questo tipo di religiosità “gli sta stretta” e in lui nasce il desiderio di una vita cristiana più autentica; vuole sentirsi membro attivo della Chiesa “attaccato alla vite in cui scorre la buona linfa”, come dice il Vangelo. Senza trascurare gli studi universitari di ingegneria, si dedicò, seguendo l’esempio dei tanti “santi sociali” piemontesi, all’assistenza degli “ultimi”. Di lui scriverà Giuseppe Lazzati:
“Straniti gli uomini, a partire dai suoi parenti, vedranno questo giovane a cui nulla sembrava mancare per essere campione di mondanità (…) trascinare per le vie di Torino carretti pieni di masserizie dei poveri in cerca di casa, e passare sudato sotto il carico di grossi pacchi anche male confezionati, ed entrare nelle case più squallide dove spesso miseria e vizio si danno la mano, sotto gli occhi ipocritamente scandalizzati di un mondo che nulla fa per aiutarli ad uscirne; e farsi, con sorprendente umiltà, lui, il figlio dell’ambasciatore d’Italia a Berlino, lui il figlio del senatore, questuante per i suoi poveri, e per essi ridursi al verde così da rincasare fuori orario per non avere neppure i pochi centesimi che gli bastino per il tram…”.
Ogni tanto, quando il servizio dei poveri glielo permetteva, si prendeva il “lusso” di qualche escursione sulle sue montagne piemontesi, che amava tanto, per attingere, da quella bellezza e dalla solitudine, la ricarica spirituale sentendosi più vicino a Dio. Frequentando i tuguri dei poveri si ammalò di “poliomelite fulminante” che nel giro di una settimana, lo portò alla morte, il 4 luglio 1925, a soli 24 anni. Le sue spoglie mortali riposano nella Cattedrale di Torino.
Preghiamo:
Signore, quanti esempi di generosità ci offri nei tuoi santi. Concedi anche a noi di avere verso i poveri e i sofferenti il loro coraggio evangelico e meritare un giorno la loro stessa corona di gloria. Amen.
Nel ricordo del Beato Piergiorgio, ponendo i nostri giovani sotto la sua fraterna protezione, vi auguriamo buona giornata,
PG&PGR