Carissimi tutti,
nella IVD, rivolgendosi a Filotea, Francesco di Sales dice una cosa che lascia sconcertati: “Ti dico di amare l’abiezione sempre e in tutto”. Francesco, ma cosa dici? Nella nostra lingua (e anche nella tua) il termine “abiezione” indica qualcosa di assolutamente negativo come la degradazione morale, fino ad arrivare alla depravazione! Come puoi consigliarci di amarla? E’ evidente che qui si tratta di intenderci sui termini: nel linguaggio teologico-ascetico questo termine viene usato per indicare la piena rinuncia a se stessi e al proprio “decoro” per amore di Cristo. Infatti, spiega il Salesio: “In latino abiezione vuol dire umiltà e umiltà vuol dire abiezione. Quando la Madonna, nel suo Cantico dice che, poiché il Signore ha visto l’umiltà della sua serva, tutte le generazioni la chiameranno beata, vuol dire che il Signore, con bontà, ha guardato la sua abiezione, la sua meschinità, la sua bassezza, per colmarla di grazia e di favori”. Dunque, quello che noi, nel parlare comune, consideriamo estremamente negativo, nel linguaggio del de Sales, assume un significato completamente diverso. C’è però una sottile differenza tra la virtù dell’umiltà e l’abiezione. Continua il Nostro: “L’abiezione è la pochezza, la bassezza e la meschinità che alberga in noi, senza che ci pensiamo; la virtù dell’umiltà, invece, è la conoscenza veritiera e l’ammissione della nostra abiezione. L’apice dell’umiltà così intesa consiste non soltanto nel riconoscere la nostra abiezione, ma nell’amarla ed esserne contenti; non per mancanza di coraggio o di generosità, ma per esaltare maggiormente la Maestà divina e dare al prossimo una stima maggiore che a noi stessi.”
Questa forma di umiltà è presente in tutta la vita del Salesio, ma vi sono alcune sfumature, poco note, in cui appare più evidente. Eccone una: nel 1602 il Papa Clemente VIII firmò la Bolla con la quale nominava Monsignor Francesco di Sales vescovo coadiutore di Ginevra (con diritto di successione), dichiarando che lo faceva con gioia perché ricordava benissimo il suo “esame” di episcopato e il suo zelo apostolico per la conversione delle anime. Ebbene, annotano le suore della Visitazione degli A.S., dopo la sua morte non si è trovata, tra tutti i suoi scritti e progetti pastorali, una riga scritta di suo pugno riguardo a questa Bolla che oltre alla nomina ne lodava i meriti. (A.S. VII).
Noi, cosa avremmo fatto al suo posto? Magari un bel quadretto da mettere in bella mostra…
Preghiamo:
Padre, oggi vogliano riconoscerci incapaci di essere umili. Fa’ che l’immagine del Tuo Figlio Gesù, povero e umile e quella della Santissima Vergine, umile tua serva, si riflettano in noi e nelle nostre azioni quotidiane. Amen.
Umilmente, a tutti voi, l’augurio di una buona giornata,
PG&PGR