Carissimi tutti,
siamo al quarto “capitolo” di questa breve biografia del Salesio. Dopo l’esperienza missionaria tra i calvinisti, la sua opera evangelizzatrice di vescovo “in esilio” si volge ora al suo popolo cominciando dai più giovani. Buona lettura.
PARTE IV – L’episcopato
Il 18 dicembre 1602 Francesco divenne vescovo di Ginevra, ma non potendo risiedere in quella città, ancora in mano ai Calvinisti, fissò la sua dimora ad Annecy, detta anche la “Venezia delle Alpi” (chi ha avuto la fortuna di visitarla sa il perché). “Cominciò col riformare se stesso, scegliendo di essere un vescovo povero: casa in affitto, personale di servizio ridotto all’indispensabile, mensa frugale. Gli onori che non poteva evitare li riteneva fatti alla Chiesa. I problemi della diocesi non gli lasciavano respiro, ma aveva riservato per sé un apostolato specifico. Aveva chiesto ai suoi preti di indirizzare al suo confessionale soprattutto le persone colpite da malattie infettive o che suscitavano ribrezzo. L’altro privilegio che pretendeva, perché “gli dava gioia”, era quello di spiegare il catechismo ai bambini.” Faceva percorrere da un giovane le strade della città, per chiamare a raccolta i ragazzi. “Succedeva però che la cattedrale si riempisse anche di adulti, anzi veniva ad ascoltarlo perfino la sua vecchia madre. ‘Signora – le disse un giorno sorridendo – mi fate distrarre quando vi vedo al catechismo con tutti i nostri bambini; perché siete proprio voi che l’avete insegnato a me!’.”
“Il nuovo vescovo non mancava né di decisione né di fantasia.” E lo si vide quando intervenne sulla tradizione di san Valentino. Era abitudine che in quella festa si tirassero a sorte i nomi dei ragazzi e delle ragazze, appaiandoli. Poi per tutto l’anno ognuno aveva il suo ‘valentino’ o la sua ‘valentina’ da accompagnare alle feste, alle danze, in passeggiata … L’anno dopo si cambiava. Ma la cosa era degenerata e nel gioco erano entrati anche adulti sposati che ne approfittavano. Francesco cominciò a intervenire nelle prediche, poi pubblicò un editto di proibizione e infine assegnò ai ragazzi un santo o una santa tirati a sorte, con una frase della Sacra Scrittura, che diventava la norma di condotta per quell’anno. All’inizio ci furono molti malumori e mormorazioni, ma poi i giovani finirono per amare e seguire il loro vescovo. “Francesco di Sales non era un moralista. Nella storia della Chiesa forse nessun altro santo é stato libero come lui nell’esprimere la propria impetuosa affettività. Le sue amicizie, anche femminili, le sue lettere, le sue preoccupazioni sembrano a volte quelle di un amante, tanto sono esplicite e calde. E tuttavia nessuno poté mai dubitare che in esse ci fosse qualcosa di ambiguo, tanto evidente era l’orientamento spirituale (che non vuol dire ‘incorporeo’!) di tutto il suo essere. Ma appunto per questo egli non era affatto disposto a vedere i suoi ragazzi giocare con la sorgente stessa della propria umanità e della propria responsabilità.”
Nel suo apostolato di vescovo si spese per l’introduzione, nella sua diocesi, delle riforme promulgate dal Concilio di Trento. Fu direttore spirituale di San Vincenzo de’ Paoli. Nel corso della sua missione di predicatore, nel 1604 conobbe a Digione la nobildonna Giovanna Francesca Frèmiot, vedova del barone de Chantal, con cui iniziò una corrispondenza epistolare ed una profonda amicizia che sfociarono, nel 1610, nella fondazione dell’Ordine della Visitazione. L’episcopato di Francesco di Sales durerà un ventennio. Egli infatti muore nel monastero della Visitazione di Lione il 28 dicembre 1622, a soli cinquantacinque anni. Il 24 gennaio 1623 le sue spoglie mortali furono traslate nella città di Annecy, nella chiesa a lui, oggi, dedicata e in seguito trasportato nella basilica della Visitazione, accanto a quello di S. Giovanna de Chantal.”La responsabilità episcopale gli consumava giorno per giorno le forze: la visita alle quattrocentocinquanta parrocchie della diocesi, anche alle più sperdute, nelle alte montagne, a cavallo o, più spesso, a piedi; la cura del clero che educava personalmente al ministero della predicazione e della confessione; la catechesi continuata al popolo; la riforma dei monasteri e dei conventi; le missioni diplomatiche alla corte di Torino e a quella di Parigi; i rapporti con la Santa Sede. Negli ultimi anni si sentiva talmente avvolto da un `groviglio di affari’ che gli capitava di sognare un eremo in cui ritirarsi a vivere in preghiera”
Preghiamo: Signore donaci la stessa semplicità e affabilità che il Salesio ha avuto nel suo servizio episcopale e che lo ha spinto a consumare la sua vita per poter annunciare, a tutti che Tu sei Padre e che ami smisuratamente i tuoi figli. Amen
Che questa giornata sia per tutti bella e vissuta nella semplicità, PG&PGR