Carissimi tutti, vicini e lontani,
i Giudei ordiscono una vera e propria congiura decisi a far fuori Paolo a tutti i costi. Il tribuno, sotto la cui responsabilità egli è tenuto in custodia, avvisato da un giovane, probabilmente nipote dello stesso Paolo, sotto buona scorta lo trasferisce a Cesarèa (Atti 23,12-35). Sembra che, anche a quei tempi, la giustizia andasse a rilento…proprio come oggi! Infatti egli rimane “detenuto in attesa di giudizio” per circa due anni…! Il motivo? Un favore che il governatore Felice aveva voluto fare ai Giudei prima di andarsene “in pensione”. Gli succede un certo Porcio Festo che, resosi conto della scomoda “eredità” lasciatagli dal suo predecessore e per ingraziarsi i Giudei, mette sotto interrogatorio Paolo, per poterlo poi portare a Gerusalemme ed essere lì giudicato. Ma il “galeotto”, come abbiamo già visto, non è tipo da lasciarsi mettere la testa sotto i piedi e, in quanto cittadino romano, si appella al giudizio dell’imperatore. Arriviamo, dunque, al brano odierno (Atti 25,13-21) che si apre con la visita di interessata cortesia che il re Erode Agrippa II (figlio di Agrippa I, che aveva fatto uccidere l’apostolo Giacomo, fratello di Giovanni) e sua sorella, nonché incestuosa amante, Berenice, rendono al nuovo governatore. Il soggiorno di queste due spregevoli figure, presso Festo, di prolunga per diversi giorni ed egli, tra una “chiacchiera e l’altra” vuole farli partecipi della questione riguardante Paolo; l’Apostolo resterà sotto custodia in attesa di essere instradato a Roma.
Il nuovo governatore sa bene che la “querelle” tra i Giudei e Paolo verte su questioni religiose nelle quali lui non vuole entrare ed è ben felice di passare questa “patata bollente” direttamente nella mani di “Cesare”. Luca, l’autore degli Atti, vuole anche mettere in luce alcuni aspetti positivi dell’ordinamento giuridico romano che viene “sfruttato” da Paolo a favore dell’annuncio del Vangelo. Furbetto ‘sto Paolo, eh?
Che dire? Il Signore Gesù, dopo aver chiamato alla sua sequela i Dodici, gente semplice e con scarsa istruzione, per portare la sua Parola al popolo eletto, chiama anche l’erudito Paolo per annunciare il Vangelo ai pagani. Il Figlio di Dio, che scruta i cuori, non fa distinzione tra le persone, tra i pescatori del lago e l’ex-fariseo; l’importante è che la “Buona Novella” venga annunciata a tutti i popoli. Questo è il mandato che Egli lascia ai suoi prima di ascendere al cielo e che abbiamo ascoltato, dal vangelo di Matteo (28,16-20), domenica scorsa, solennità dell’Ascensione. Mandato che oggi è rivolto a tutta la Chiesa…noi compresi.
Preghiamo:
Signore che guardi il cuore dell’uomo e chiami tutti ad essere testimoni e annunciatori del Vangelo fa’ che ognuno di noi, cosciente della responsabilità assunta col Battesimo, segua, con sempre rinnovato impegno, la voce dello Spirito, incarnando nella vita quotidiana il comandamento dell’Amore che Tu ci hai indicato come via maestra che conduce al Padre. Amen.
A tutti, nella gioia di sentirci chiamati a collaborare con il Signore, l’augurio di una buona e santa giornata, PG&PGR
N.B. Vi ricordiamo la “mini” Veglia di Pentecoste, domani sera alle 18,30.