8 aprile 2020: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi tutti, vicini e lontani,

oggi non vorremmo commentare il brano evangelico del giorno (Mt 26,14-25 si lo volete legge leggetevelo che certamente male nun ve fa), ma offrirvi una riflessione sull’Evangelo di Giovanni che ci accompagnati in questi ultimi giorni. Lo diciamo subito, tanto pe’ mette le mani avanti”saremo un po’ più lunghi del solito. E dai, nun ve lagnate, che ‘n po’ de penitenza ne la Settimana Santa ce vole, no?).

Il quarto Evangelo è il libro biblico “più recente”, l’ultimo in ordine di redazione, scritto verso la fine del primo secolo. E’ composto di 21 capitoli e alcuni esperti dicono che i primi undici capitoli sembrano quasi essere una lunga introduzione a ciò che segue; il capitolo 12, invece è una sorta di “preludio” ai nove capitoli che seguono e che, praticamente, formano un unico corpo letterario dedicato ai fatti della Passione, dall’Ultima Cena alla Crocifissione e poi quelli del Risorto, con le varie apparizioni.

La narrazione di Giovanni, ve ne sarete accorti, soprattutto in questo ultimo periodo, è un po’ diversa dagli altri tre chiamati “sinottici” (è un termine tecnico che non ci mettiamo a spiegare ora…grazie pe’ lo sconto, direte voi!). L’intenzione dell’Evangelista non è tanto quella di “raccontare” i detti e i fatti della vita pubblica di Gesù, ma quella di invitare a riflettere sul suo mistero. Tutto parte da un “Prologo”; è quello che viene letto tutti gli anni nel giorno di Natale: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». Ve lo ricordate? In quei 18 versetti Giovanni riassume tutto il mistero di Criso, ma non fa il minimo accenno alla nascita di Gesù o alla sua infanzia. Anche per quanto riguarda i miracoli, che lui, come dovremmo già sapere (o ve lo sète già scordato?) chiama segni, ne menziona solo sette (per gli Ebrei era un numero simbolico). Eppure, stando ai “sinottici”, Gesù ne ha fatti molti, molti di più. E Giovanni, quasi per “scusarsi” di questo, proprio alla fine dell’ultimo capitolo scriverà che “Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere”.(Gv 21,25).

Ma la cosa che più potrebbe meravigliare è che in questo Vangelo non si fa alcuna menzione dell’Istituzione dell’Eucarestia e, di conseguenza, dell’Ordine Sacro, mistero che contempleremo domani, Giovedì Santo. Giovanni parla certamente di quell’ultima cena, della “lavanda dei piedi”, dell’annuncio del tradimento di Giuda, e poi, per quattro capitoli, un lungo discorso, bellissimo, coinvolgente, commovente, ma sull’Eucarestia, nulla. Strano! Giovanni così attento, con un testo in cui “anche le virgole e i punti” hanno un significato teologico preciso, lui che ha vissuto direttamente quei fatti, e ne è uno dei maggiori testimoni oculari, manco ‘na parola su questo grande mistero di un pezzo di pane e un po’ di vino che diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. Perché?

No, non vi meravigliate perché il motivo è più semplice di quanto si pensi: Giovanni, l’aveva già fatto! Già fatto? Ma come, quando, dove? Se noi torniamo indietro, al capitolo 6, troviamo Gesù che moltiplica quei cinque pani e i due pesci per sfamare la folla: cinquemila uomini! E le donne, e i bambini? Quel numero vuole indicare una moltitudine immensa, rappresenta tutta l’umanità a cui il Cristo, in quel segno dei pani e dei pesci, offre se stesso. Andando più avanti, nello stesso capitolo, troviamo Gesù che parla nella sinagoga di Cafarnao, una cittadina della Galilea sulla riva nord-occidentale del Lago di Galilea (o Tiberiade), dove abitavano molti degli Apostoli e lo stesso Giovanni con suo fratello Giacomo. Anche Pietro, pur non essendo nativo di Betsaida, abitava lì e ospitava Gesù in casa sua.

In quel lungo discorso (Gv 6,22-66), il Maestro parla del Pane di Vita, il Pane vero che viene dal cielo asserendo: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo – e aggiunge – chi mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». E senza curarsi dello “scandalo” che queste parole suscitano nell’uditorio, aggiunge: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna…»(v.54).

Riportando questi due fatti, a che cosa si riferiva Giovanni se non all’Eucarestia e a chi ha il ministero di offrirla per tutti?

PREGHIAMO:

Signore Gesù, in questo momento ci manca molto la presenza reale del Tuo Corpo e del Tuo Sangue, ci manca il poterti “mangiare”, il farti diventare parte di noi, del nostro stesso corpo. Ma non vogliamo, in nessun modo, sentirci lontani da te. La Tua Parola e la preghiera ci aiuteranno a sentirti sempre vicino, ad ascoltare Te, a parlare con Te, a dirti tutto il nostro amore e il nostro grazie.

E Tu, Signore, rivolgi il tuo sguardo misericordioso su di noi, sulle nostre famiglie, sui nostri amici e, anche sui nemici, e donaci il tuo Spirito d’Amore. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

A tutti un caro saluto e l’augurio di vivere questo insolito, e speriamo unico, Triduo Pasquale nella Fede che sostiene, nella Speranza che incoraggia e nella Carità che opera.

PG&PGR