27 aprile 2020: Messaggio alla Comunità Parrocchiale

Carissimi tutti, vicini e lontani,

la vita della prima comunità cristiana viene descritta, nel libro degli “Atti degli Apostoli”, in modo quasi idilliaco e abbiamo già avuto l’occasione di parlarne. Rileggete (se ne avete voglia…speriamo di sì), i seguenti passi: 2,42-47; 4,32-37. Siamo sinceri, chi di noi, leggendo quei versetti, non ha sognato qualcosa di simile anche per le nostre attuali comunità cristiane? Poi, guardando la realtà, ci rendiamo conto che, tante volte siamo lontani da questo clima di fraternità. Ma anche in seno a quelle, come vedremo tra poco, qualche problema, ogni tanto, scappava fuori. Forse vi chiederete: sì, vabbé, ma questo mo che c’entra cor testo de oggi?(At 6,8-15). Centra, centra…state bboni se potete…disse quarcheduno! Stefano, il discepolo degli Apostoli di cui si parla, era uno dei sette diaconi istituiti dai Dodici, per provvedere, nella carità, al sostentamento di tutti. Tale decisione era stata dettata in considerazione di un malcontento che era sorto in seno a quella “idilliaca” comunità: sembra che le vedove dei giudei ellenisti (coloro che erano nati in Grecia e poi tornati a Gerusalemme) venissero trascurate, rispetto alle altre, nella distribuzione quotidiana (6,1-7). Furono dunque questi diaconi a far sì che non si facessero tali discriminazioni.  Potete ben notare, come dicevamo prima, anche in quella primitiva comunità di coloro che erano venuti alla fede, qualche cosa che “scricchiola” comincia a fare capolino. Non parliamo poi dell’episodio di Ananìa e Saffìra (5,1-11) che lasciamo alla vostra diligente lettura. E che volemo fa’? Quanno satanasso ce mette la coda…! Torniamo dunque a Stefano. Sembra che la sua attività non si limitasse al solo “servizio delle mense”. Si dice, nel testo, che sotto l’azione dello Spirito Santo “è pieno di grazia e fortezza e compie prodigi e miracoli”. Dunque questo Spirito, dono del Risorto, non agisce soltanto sugli Apostoli, ma anche in tutti coloro che ascoltano la Parola e si mettono a Sua “disposizione”… Anche su tutti noi? Crediamo proprio di sì, anzi ne siamo certi. Ma questa attività di Stefano suscita la reazione della sinagoga detta “dei liberti” che non riescono a “spuntarla” con lui. I “liberti”, apparentemente di vedute più ampie dei farisei, erano discendenti di quegli ebrei deportati a Roma come schiavi (intorno alla seconda metà del primo secolo) e che, una volta rimessi in libertà, erano tornati a Gerusalemme e abitavano in un “quartiere” particolare della città santa. Evidentemente questo diacono, con le sue parole illuminate, stava  diventando troppo popolare e, quindi, scomodo. Era la stessa gelosia che aveva portato i farisei e i membri del sinedrio a chiedere la crocifissione di Gesù e la persecuzione dei suoi Apostoli. La gelosia…’na brutta bestia dura a mori’! Dopo più di duemila anni, il successore di Pietro, Papa Francesco, è tornato tante volte su questo argomento asserendo che gelosia, invidia e mormorazione sono tra i mali peggiori che anche oggi affliggono la Chiesa, anche quella dei “piani alti”.

Preghiamo:

Signore, insieme al Covid-19, liberaci anche da quei virus che portano altri nomi: invidia, gelosia, mormorazione e che sono sempre attivi nel cuore dell’uomo di tutti i tempi e in tutti gli ambienti, anche in quelli nei quali non dovrebbe essere presente, come la Chiesa.  Sono dei mali oscuri, subdoli, insidiosi, difficili da individuare e, soprattutto, da estirpare.

Aiutaci tu a superare la grettezza del cuore, a guardare verso gli altri con i tuoi occhi, sempre attenti a scorgere il bello e il buono che c’è nei nostri fratelli e rendici capaci di accogliere con un sorriso sincero anche quelli che sono “difficili”. Amen

A tutti, un abbraccio fraterno e l’augurio di una buona giornata.

PG&PGR