Buongiorno a tutti, vicini e lontani.
Voglio soffermarmi sul Vangelo odierno (Gv 7,40-53) che, per una maggiore comprensione, vi chiedo di leggere.
Certo che il razzismo è sempre stato ‘na brutta bestia, un virus che, nascostamente, alberga nel cuore di tante persone ancora oggi. I Giudei, al tempo di Gesù, non facevano certo eccezione. E’ nota, ad esempio, la loro avversione verso i samaritani, che abitavano nella zona centrale della Palestina, considerati scismatici e dunque eretici. Non solo, ma anche i Galilei erano “ guardati pe’ traverzo”. La Galilea era a nord e in quel territorio confluiva, soprattutto per motivi commerciali, gente di diverse origini (Galilea delle genti Mt 4,15). E di questa visione razzista, il brano del vangelo ne dà testimonianza.
E’ chiaro che, per molti, gli insegnamenti e i miracoli di quell’uomo, facevano di Gesù un profeta. Ma altri, soprattutto coloro che si ritenevano le guide del popolo, basandosi solo sulle sue presunte origini (veniva da Nazaret, in Galilea), non potevano e non volevano considerarlo tale.
Le stesse guardie del Tempio, inviate dai farisei a prelevare Gesù, si esprimono nei suoi confronti con ammirazione. L’ira dei farisei aumenta e si accende ancora di più quando uno di loro, Nicodemo, cerca di farli ragionare. E viene insultato dai suoi “colleghi”. Forse se i capi del popolo, i sacerdoti, i farisei avessero indagato un po’ di più, si sarebbero accorti che Gesù era galileo solo di “adozione”. In realtà era nato a Betlemme, come suo “padre” Giuseppe e dunque giudeo. Inoltre era discendente della casa di Davide e perciò di stirpe reale. Ma a questi signori non interessavano troppo le origini di quell’uomo che il popolo considerava un profeta. Vogliono solo toglierlo di mezzo perché con le sue parole oscurava la loro autorità. Avevano già deciso: quel “nazareno” doveva morire!
Signore Dio, aiutaci a capire che ogni uomo è nostro fratello, ogni donna è nostra sorella. Tu non guardi le origini, la lingua, il colore della pelle e neanche il credo religioso. Tu guardi il cuore e ci ami tutti allo stesso modo perché tu sei nostro Padre. Amen
Attinente a quanto detto, voglio raccontarvi un episodio che risale alla giovinezza di P. Gianni Roberto (PGR). Evidentemente ho chiesto la sua autorizzazione per farlo.
Era il 1975. Durante una vacanza estiva, poco prima di iniziare il noviziato, andò a Genova a trovare i suoi nonni. Girando per i “carrugi”(vicoli) della città vecchia, vide in esposizione un classico mortaio in pietra, usato soprattutto da quelle parti, per fare il pesto. Entrò e ne chiese, all’anziana negoziante il prezzo che era un po’ esagerato per le sue tasche; domandò quindi se gli poteva fare un po’ di sconto. La donna, che si era resa conto dell’accento romano di PGR, rivolgendosi al figlio disse, in dialetto genovese, sicura di non essere capita da quel giovane:“Non bastano i milanesi, ora vengono anche i romani”. Rispose dunque candidamente al nostro (allora) giovane, in italiano, che lo sconto lo poteva praticare solo a chi era di Genova. Strana scusa per mascherare la proverbiale taccagneria dei genovesi. PGR, che aveva invece ben capito ciò che la donna aveva detto al figlio, senza dire nulla, solennemente tirò fuori il portafoglio e da questo la sua carta d’identità mostrandola, con un sorriso gongolante, alla donna. C’era scritto: nato a Genova. La vecchietta incredula incartò il mortaio e, mordendosi le labbra per il minor guadagno, glielo consegnò incassando l’importo forzatamente scontato.