Di seguito pubblichiamo la lettera di Natale 2017 che il nostro Parroco Padre Gianni scrive a Gesù e la risposta del Figlio di Dio, lettere che ogni anno Padre Gianni legge a tutta la comunità riunita durante la notte di Natale. Una scambio epistolare tra il Parroco e Gesù che ormai è diventato un appuntamento fisso della nostra comunità parrocchiale.
Roma, Natale 2017
Caro Gesù,
come tu già sai, il tema pastorale di quest’anno, nella diocesi di Roma, volge un’attenzione particolare ai genitori e invita le comunità ecclesiali e, in modo particolare, gli operatori pastorali, ad accompagnarli nella loro missione di educatori per i propri figli. Nulla di più giusto! Se poi si pensa alla testimonianza cristiana che i genitori dovrebbero dare ai figli, impegno che si sono assunti chiedendone il Battesimo, ci si rende conto di quanto la comunità parrocchiale, in tutte le sue espressioni, diventi importante. Però…! Mi dirai: “Ma tu, caro il mio prete, hai sempre un “però”? Eh sì, Gesù, i “però”, i “ma”, i “se”, nella nostra vita, anche in quella di noi preti, ci sono sempre. D’altronde , e non lo dico per scusarmi, anche nella mente dei dodici che ti sei scelto, in tante occasioni, ci sono stati tanti però, tanti se, tanti ma. Torniamo al mio “però”. Mi chiedo, e ti chiedo, che cosa fare con quei genitori che non vediamo mai? Quelli che hanno sempre da fare, che vanno sempre di corsa, che non hanno mai tempo? Portano i figli al catechismo o alla messa della domenica mattina (quando ce li portano), li “mollano” e scappano. Portano i figli all’Oratorio, stessa cosa. E manovra contraria, ma con la stessa “foga” quando vengono a riprenderli. Una corsa continua, pensando alle mille cose da fare, dimenticando che, tra queste mille, potrebbe essere utile anche il fermarsi a parlare, due minuti, col catechista o l’animatore per chiedere : “Come va mio figlio? Cosa fa mia figlia?” E la domenica? Che tristezza vedere quei banchi riservati per loro che restano vuoti per metà. Non parliamo poi delle feste “comandate” che non cadono di domenica o dei mesi estivi. Ma cosa possiamo fare di più noi preti, i catechisti, gli animatori, per far loro capire che quello è un momento importante, che è il momento più importante della settimana? Certo, lo diciamo, lo ripetiamo, ma con pochi, pochissimi risultati. Vorrei dire a tanti genitori: “Aiutateci ad aiutarvi! Il Signore vi ha fatto il dono meraviglioso di essere genitori: vivetelo pienamente, accoglietelo con amore e siate riconoscenti verso l’Autore di questo dono. Voi mamme, avete davanti l’esempio sublime di colei che ha portato in grembo l’autore della vita, il Figlio di Dio e pensate che anche i bambini che avete portato nel vostro grembo, sono, prima di tutto, figli di Dio. Per voi, papà, c’è l’esempio di San Giuseppe, uomo giusto e meraviglioso che, fidandosi di Dio, ha saputo accoglierne, come suo, il Figlio, aiutandolo a crescere come uomo.
Noi, preti e operatori pastorali, comprendendo le vostre difficoltà, con la volontà di aiutarvi in questo difficile compito educativo, vi chiediamo di non lasciarci soli. Solo con questa collaborazione le nuove generazioni, animate dallo Spirito del Signore, potranno costruire un mondo migliore. E tu Signore, illumina le menti e i cuori affinché, in questo impegno, nessuno si senta solo.
Gesù, anche in quest’anno che si avvia alla conclusione, l’uomo ha dimostrato quanto voglia tenerti lontano dalla sua vita. Gli attentati, seminando ancora vittime innocenti, continuano; gli sbarchi sulle nostre coste di povera gente che fugge da situazioni di guerra e di fame, continuano; le manifestazioni di intolleranza razziale, contaminando anche ambienti che ne sembravano esenti, continuano. Il disinteresse per la conservazione dell’ambiente continua ad aumentare e, nonostante i cambiamenti climatici e il degrado crescente nella mente di tante persone e, soprattutto, di qualche governante, non sembrano destare grande preoccupazione. Eppure non è poca cosa pensare che il 2017 ha fatto registrare la peggior siccità degli ultimi due secoli. E il peggio non sembra essere passato. E cosa dire delle nostre città? Della nostra città? Interi quartieri abbandonati a se stessi dove la criminalità organizzata spadroneggia, la piccola criminalità è in agguato ad ogni angolo per strappare dalle mani degli anziani la pensione appena riscossa, dove il degrado morale e sociale è visibile in ogni strada. Mi chiedo, Gesù, quando impareremo a rispettare di più ciò che hai creato per noi, a vivere onestamente, ad amare gli altri come tu ci ami?
In questo quadro già tanto compromesso, si affaccia ora la paura di qualche cosa di estremamente pericoloso per l’umanità intera a causa della mania di onnipotenza di qualche governante. Le parole del Papa continuano a fare appello alle coscienze e alle responsabilità dei governi, ad invitare al dialogo tra i popoli, a ripetere che è ora di mettere la parola fine a questa sorta di terzo conflitto mondiale che si combatte in più parti del nostro mondo. Ma chi lo ascolta? Non solo, c’è addirittura chi lo accusa di portare la Chiesa alla rovina. Accusa assurda che, spesso, è mossa da ecclesiastici anche di alto livello. Gesù, chi ti ha venduto duemila anni fa per trenta denari, continua a farlo anche oggi, e gratuitamente.
Ma in mezzo al tanto male che aleggia sul mondo, c’è anche il tanto bene che, in maniera velata, meno evidente, ma non per questo meno importante, molti tuoi fratelli continuano a fare in tante parti del mondo e, permettimi di dirlo, in modo particolare, nel nostro paese, a favore dei rifugiati, degli emarginati, dei disoccupati, degli sfruttati, delle tante, troppe persone che si trovano in situazioni di difficoltà di ogni genere. E’ vero, siamo un popolo difficile, disordinato, stravagante, spesso, per usare una terminologia biblica, dalla “dura cervice”, ma generoso e dal cuore grande.
Signore, continua, attraverso i profeti e i testimoni del nostro tempo, ad insegnarci ad amare, a liberarci dai pregiudizi, ad essere tolleranti, pazienti, fiduciosi, a credere profondamente che solo la Parola del tuo Vangelo può salvarci.
A te Gesù che sei venuto, vieni e verrai, da tutti noi, un augurio di buon compleanno.
Tuo Gianni
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Paradiso, Natale 2017
Caro PG,
come ti chiamano in molti. Ho apprezzato il titolo che la diocesi di Roma ha dato al tema pastorale di quest’anno “Non lasciamoli soli” riferito soprattutto ai genitori e, in modo particolare a quelli che si trovano a vivere situazioni difficili. Quella del genitore è senza dubbio una delle missioni più belle, ma anche una delle più impegnative. Far crescere i figli in un ambiente sano, lontano dai pericoli e dalle tentazioni di vita “facile” o superficiale che la società propina quotidianamente, insegnare loro che non tutto è dovuto, responsabilizzarli nell’attenzione alle cose, all’ambiente e, soprattutto agli altri, non è cosa semplice perché bisogna trovare il giusto equilibrio tra un’educazione troppo austera e una troppo ovattata e accondiscendente. In modo speciale il genitore cristiano, che sente su di sé la responsabilità dell’aver chiesto il battesimo per i propri figli, deve, prima di tutto essere un testimone capace di rendere visibile e concreta la propria fede con le opere, più che con le parole.
Anche se i vangeli parlano poco della mia infanzia e non parlano affatto della mia adolescenza e giovinezza, puoi ben immaginare quale importanza abbiano avuto, nella mia formazione umana e religiosa, Maria la mia mamma, piena di amore e di grazia, e Giuseppe il mio papà terreno, l’uomo del silenzio. Lei, la donna dell’ascolto, con tutta la delicatezza possibile, anche se sapeva bene che ero il figlio di Dio, mi ha educato all’obbedienza, al servizio, alla gentilezza, al rispetto degli altri e del creato, senza risparmiarmi qualche rimprovero. Giuseppe, con poche parole, mi ha insegnato ad essere un buon israelita, osservante della Legge del Signore, portandomi con sé, il sabato, alla Sinagoga e ad essere un ragazzo attento, generoso, laborioso e forte, senza risparmiarmi qualche piccola fatica. Genitori amorosi e al tempo stesso attenti; premurosi e al tempo stesso esigenti; consapevoli di aver accolto una missione più grande di loro e al tempo stesso fiduciosi nell’amore di Dio e nella sua Provvidenza. Vorrei invitare i genitori di oggi a guardare più spesso e con più fiducia a questi due grandi modelli che mio Padre, quello celeste, pone di fronte ad ogni donna e ogni uomo. A voi operatori pastorali e specialmente a voi preti il compito non certo facile di far sì che le vostre comunità diventino “case di testimonianza” e di accoglienza anche per quei genitori poco presenti o distratti dalle mille occupazioni e preoccupazioni della vita quotidiana. Continuate ad esser loro vicini, diventate sempre più veicoli dell’amore di Dio per ogni creatura pensando che quei bambini che Lui ha messo sulla vostra strada sono l’oggetto privilegiato del suo Amore.
Non cedete alla tentazione dello scoraggiamento, alla paura dell’insuccesso. Ripensate alla mia vita terrena: nato in condizioni estremamente disagiate dopo il viaggio massacrante, per Maria e Giuseppe, da Nazaret a Betlemme e deposto in una mangiatoia, l’unico posto caldo in quel rifugio per animali. I primi a darmi il benvenuto sono stati dei poveri pastori, costretti a vivere, con il loro gregge, ai margini del centro abitato e guardati con sospetto dai benpensanti. Poi, dopo la visita dei magi, la persecuzione scatenata da Erode, la fuga in Egitto, i primissimi anni di vita vissuti come profugo e rifugiato e poi il ritorno a Nazaret. Anche l’inizio della mia vita pubblica non è stato certo entusiasmante: i primi discepoli, uno sparuto gruppo di pescatori che hanno capito ben poco di me; il mio uditorio composto, per lo più, da peccatori di ogni genere emarginati dalla società. E poi le false accuse di essere un mistificatore, un sovvertitore dell’ordine costituito, un bestemmiatore, addirittura un indemoniato. Da questo, ad un processo farsa, alla fustigazione, al calvario e alla croce, il passo è stato breve. Bhe, la mia missione sulla terra, non è stata proprio un successo. E non mi preoccuperei molto di quanto dicono alcuni, a proposito del mio Vicario Francesco. Quante ne hanno dette sul mio conto e su quello di chi, in questi venti secoli, ha cercato di far crescere la Chiesa nello spirito originale del vangelo. Ricordati: quando le porte degli uomini si chiudono, si spalancano quelle di Dio. Dopo essere risorto ho inviato il mio Spirito e quei pescatori litigiosi e paurosi, sono diventati le colonne portanti del Regno di Dio. Lo stesso Spirito, dopo duemila anni, continua a soffiare su ogni uomo e ogni donna di buona volontà. Perciò, non abbiate paura!
Certo, anche oggi, come allora, specialmente tra coloro che hanno grandi responsabilità per il futuro del mondo, c’è chi rifiuta di ascoltare, di vedere, di aprire il cuore per rimuovere le cause della sofferenza, della violenza, di ogni tipo di ingiustizia. Dio non sfonda le porte, non violenta le coscienze, non obbliga alla fede, ma a tutti indica la strada dell’amore come via maestra per la vostra vita. Oggi come allora suscita profeti e testimoni, donne e uomini di buona volontà che mettono al suo servizio le proprie energie con coraggio; uomini e donne che aderiscono pienamente al disegno di un Creatore che si fa bambino perché follemente innamorato delle sue creature.
A te, ai tuoi confratelli vicini e lontani, agli operatori pastorali, ai genitori, a coloro che si preparano a diventarlo, a tutti i fedeli della tua comunità parrocchiale e a quanti avranno occasione di leggere questa lettera, auguro il coraggio di essere, sempre di più e in tutti gli ambienti, coloro che camminano e aiutano a camminare sulla strada che porta alla pace, alla giustizia, all’accoglienza, all’amore, la strada che porta a Betlemme.
Buon Natale,
tuo Gesù.